A Singapore, l’entusiasmo per l’espansione del settore dei semiconduttori va di pari passo con la consapevolezza che la vera sfida non è solo tecnica, ma umana: trovare e formare professionisti in grado di sostenere la nuova rivoluzione guidata dall’intelligenza artificiale.
Nei padiglioni della recente Semicon South‑East Asia, manager e ricercatori hanno illustrato i progetti più avanzati di packaging – processi che permettono di unire più chip in un singolo componente ultra‑performante – ma hanno dedicato pari attenzione al tema della carenza di competenze. «Oggi non basta produrre wafer migliori; serve un ecosistema di ingegneri, sviluppatori embedded e specialisti di materiali che sappiano trasformare le potenzialità dei nuovi processi in applicazioni concrete», spiega un dirigente di GlobalFoundries.
Il paradosso è evidente: da un lato, la domanda di chip cresce a ritmi record, alimentata dall’esplosione del cloud computing e dei carichi di lavoro legati all’AI; dall’altro, il numero di laureati e tecnici con il giusto profilo rimane insufficiente. Iniziare a colmare il gap significa coinvolgere atenei e poli tecnici in programmi specifici, come quelli già lanciati da alcune università di Singapore e dalle agenzie governative locali, ma anche rendere più attraente la carriera in fabbrica e in laboratorio.
L’esempio di Lam Research, azienda leader nelle apparecchiature di produzione, è emblematico. Attraverso partnership con la National University of Singapore e la Nanyang Technological University, offre tirocini e laboratori congiunti, mentre all’interno dei propri stabilimenti introduce soluzioni AI per la manutenzione predittiva e il monitoraggio in tempo reale delle linee di montaggio. «L’automazione non sostituisce il lavoro umano, ma ne moltiplica il valore», sottolinea Andrew Goh, general manager per il Sud‑Est asiatico di Lam.
Lo scenario geopolitico aggiunge un ulteriore livello di complessità. Le tensioni commerciali tra le grandi potenze hanno imposto una revisione delle catene di fornitura: molto si gioca sulla capacità di diversificare fonti di materie prime e partner tecnologici, garantendo al tempo stesso rapidità di consegna e standard qualitativi. In questo quadro, le sinergie internazionali – specialmente in Asia – diventano un asset strategico.
Piccole e medie imprese, pur con risorse limitate, cercano di farsi spazio investendo in formazione continua e attività di orientamento nei campus. «Dobbiamo demistificare l’idea del laboratorio oscuro e polveroso», afferma il CEO di una startup locale, che organizza visite guidate e workshop nelle scuole per spiegare come un chip possa migliorare la vita di tutti i giorni.
Con vendite globali destinate a superare il trilione di dollari entro il 2030, l’industria dei semiconduttori sembra avviata verso un futuro radioso. Tuttavia, senza un programma formativo capillare e un coinvolgimento attivo di università, imprese e istituzioni, il rischio è quello di trovare, un giorno non troppo lontano, impianti all’avanguardia e banchi di lavoro vuoti.
In un settore plasmato dall’innovazione, la vera materia prima sono le competenze: assicurarle oggi significa mantenere il passo domani con la corsa dell’AI e dei chip sempre più intelligenti.