Singapore adotta un sistema elettorale maggioritario uninominale e di lista unico nel suo genere, che ha garantito stabilità politica e rappresentanza multietnica, ma anche una forte predominanza del partito di governo sin dall’indipendenza. Di seguito analizziamo come funziona questo sistema nelle elezioni parlamentari (General Elections, GE), con dati aggiornati, esempi recenti (come le elezioni del 2020) e qualche paragone utile per un lettore italiano, in particolare per chi vive a Singapore o segue la politica comparata.
Struttura del Parlamento e durata del mandato
Il Parlamento di Singapore è unicamerale e conta attualmente 93 seggi elettivi. I membri del Parlamento sono eletti ogni massimo 5 anni (la durata della legislatura), ma il Primo Ministro può chiedere lo scioglimento anticipato in qualsiasi momento. In caso di scioglimento, il Presidente della Repubblica indice le elezioni generali entro 3 mesi. Il sistema di voto è il classico “first-past-the-post” britannico: un uomo, un voto, vittoria al candidato (o lista) che ottiene la maggioranza relativa dei voti nel collegio. Non esiste quindi una ripartizione proporzionale dei seggi in base ai voti nazionali: chi vince il collegio conquista il seggio e non ci sono recuperi per gli sconfitti.
Da questa regola di base derivano due caratteristiche importanti:
- le elezioni parlamentari non hanno una data fissa (il partito di maggioranza può scegliere quando andare alle urne entro il limite dei 5 anni) e
- che il Parlamento tende a essere molto sbilanciato a favore del partito più votato, anche se il suo vantaggio in termini di voti popolari è modesto. Ad esempio, il Parlamento attuale è controllato dal People’s Action Party (PAP), al potere ininterrottamente dal 1959, con una supermaggioranza di seggi, nonostante nelle ultime elezioni abbia ottenuto circa il 61% dei voti.
Oltre ai MP eletti, l’ordinamento singaporiano prevede altre due categorie di parlamentari non eletti: i Non-Constituency MPs (NCMP) e i Nominated MPs (NMP). Gli NCMP sono introdotti per garantire una presenza minima dell’opposizione anche quando il sistema maggioritario assegna quasi tutti i seggi al partito di governo. Dopo ogni GE, ai candidati d’opposizione non eletti con le percentuali di voto più alte vengono offerti seggi parlamentari supplementari fino a raggiungere un totale di 12 membri dell’opposizione (eletti + NCMP). Gli NCMP non rappresentano un collegio specifico (non avendo vinto la propria sfida elettorale) ma possono partecipare ai lavori parlamentari come deputati quasi a pieno titolo. I NMP, invece, sono membri nominati dal Presidente (su indicazione di un apposito comitato) scelti dalla società civile, mondo accademico, economico e altre categorie, fino a un massimo di 9 per legislatura. Gli NMP, introdotti nel 1990, portano in Parlamento voci indipendenti e non partitiche (per esempio attivisti, imprenditori, esponenti culturali) e hanno funzioni consultive: non votano sulle mozioni di fiducia e sulle modifiche costituzionali, ma contribuiscono al dibattito legislativo.
Circoscrizioni elettorali: SMC e GRC
Per eleggere i suoi deputati, Singapore è suddivisa in circoscrizioni elettorali uninominali (Single Member Constituencies, SMC) e plurinominali (Group Representation Constituencies, GRC). Le SMC sono collegi tradizionali dove si candida un singolo individuo per partito e viene eletto il più votato. Le GRC, invece, sono un’innovazione singaporiana introdotta nel 1988: sono collegi più grandi (possono comprendere quartieri o intere zone della città-Stato) in cui ogni partito presenta una lista bloccata di più candidati (da 3 a 6) e l’intera lista vincente conquista tutti i seggi in palio nel collegio. In pratica, le GRC funzionano come collegi plurinominali maggioritari di lista: il partito (o gruppo di indipendenti) che arriva primo in una GRC ottiene tutti i suoi 3-6 seggi, senza premi di consolazione alle liste perdenti.
La ragione ufficiale della creazione delle GRC fu assicurare la rappresentanza delle minoranze etniche in un Parlamento dominato dalla maggioranza sino-cinese. Ogni lista candidata in una GRC deve includere almeno un rappresentante di una minoranza razziale: per legge, in alcune GRC è obbligatorio un candidato malese, in altre un candidato indiano o eurasiatico. Questo meccanismo garantisce che, indipendentemente da come votino gli elettori, in Parlamento siedano sempre deputati non cinesi, riflettendo il mosaico demografico di Singapore. Attualmente, circa tre quinti delle GRC sono riservate a team contenenti un candidato malese, mentre le restanti richiedono un candidato indiano/altra minoranza. Nelle SMC non vige una quota etnica (possono concorrere candidati di qualsiasi etnia), ma il numero complessivo di deputati minoritari è salvaguardato dal fatto che almeno un quarto dei seggi parlamentari deve provenire da circoscrizioni GRC.
Nel Parlamento uscente (eletto nel 2020) Singapore conta 14 SMC e 17 GRC, per un totale di 31 collegi elettorali. La dimensione delle GRC varia: alcune eleggono 4 deputati, altre 5 e altre 6. Questa configurazione è stata più volte modificata negli anni: nel 1988 vi erano solo GRC da 3 seggi; negli anni 2000 si arrivò fino a GRC da 6 seggi ciascuna. Negli ultimi tempi si è osservata una tendenza a ridurre la dimensione media delle GRC e ad aumentare il numero di SMC, per evitare collegi troppo vasti. Ad esempio, nelle elezioni del 2011 erano in palio 87 seggi totali (75 tramite GRC e 12 da SMC); nel 2020 i seggi totali erano saliti a 93, ma con più collegi uninominali (14) e GRC generalmente composte da 4 o 5 membri anziché 6. Questa ripartizione viene rivista a ogni elezione.
Le GRC hanno avuto un impatto notevole sul sistema politico: da un lato hanno favorito l’inclusione etnica, dall’altro hanno alzato la soglia di ingresso per i partiti di opposizione. Per vincere in una GRC, infatti, un partito deve schierare una squadra completa di candidati credibili, incluso almeno un rappresentante di minoranza. Ciò avvantaggia il partito di governo (PAP), che può contare su un ampio bacino di candidati, e penalizza i partiti minori, spesso a corto di personalità note da presentare in team. Non sorprende che per oltre vent’anni nessun gruppo d’opposizione sia riuscito a prevalere in una GRC. Solo nel 2011 l’opposizione ha conquistato per la prima volta una GRC: il Workers’ Party (WP) vinse nel collegio di Aljunied, eleggendo 5 deputati con un solo collegio. Da allora il WP ha mantenuto quel bastione e nel 2020 è riuscito addirittura a vincere una seconda GRC (Sengkang, 4 seggi), segnando la prima occasione in cui l’opposizione controlla due GRC contemporaneamente.
Ridefinizione dei confini elettorali e ruolo dell’EBRC
Una particolarità del sistema singaporiano è che i confini delle circoscrizioni non sono fissati in modo permanente, ma possono cambiare prima di ogni elezione. Non esiste una commissione elettorale indipendente esterna al governo: la delimitazione delle circoscrizioni è affidata all’Electoral Boundaries Review Committee (EBRC), un comitato di funzionari nominati di volta in volta dal governo. In pratica, prima di indire le elezioni il Primo Ministro incarica l’EBRC di rivedere la mappa elettorale tenendo conto dei cambiamenti demografici (nuovi quartieri, variazioni della popolazione iscritta al voto, ecc.). L’EBRC lavora a porte chiuse e alla fine presenta un rapporto al Primo Ministro con le raccomandazioni sulle nuove circoscrizioni (quante e di che tipo) e sui loro confini esatti. Il governo ha facoltà di accogliere e presentare al Parlamento queste modifiche, che entrano in vigore per le successive elezioni senza bisogno di ulteriori approvazioni.
Questa procedura fa sì che il numero e la configurazione dei collegi possano variare ad ogni elezione. Ad esempio, prima delle elezioni del 2020 vi erano 29 collegi (13 SMC e 16 GRC); l’EBRC propose un aumento a 31 (14 SMC e 17 GRC) e così è stato. Per le prossime elezioni del 2025, l’EBRC ha ulteriormente modificato la mappa portando i collegi a 33 (15 SMC e 18 GRC, per 97 seggi totali). I cambiamenti possono includere la creazione di nuove SMC ritagliate da GRC esistenti, la fusione o divisione di GRC, o lo spostamento di quartieri da un collegio all’altro.
Le opposizioni e alcuni osservatori criticano questa prassi, accusando il governo di poter sfruttare i cambiamenti di confine a proprio vantaggio elettorale (gerrymandering). Poiché il PAP domina il processo, può ridisegnare i collegi in modo da diluire le zone dove l’opposizione è in crescita dentro aree più ampie dominate dal PAP. In passato, ad esempio, circoscrizioni dove un partito d’opposizione aveva ottenuto buoni risultati sono state eliminate o assorbite in collegi più grandi alle elezioni successive. Tali modifiche possono influenzare direttamente le chances dei partiti: “dissolvere una circoscrizione in cui un partito d’opposizione stava guadagnando terreno può incidere sulle prospettive elettorali di quel partito”. Inoltre, frequenti ritocchi ai confini complicano la capacità degli elettori di identificarsi con il proprio collegio e di mantenere un rapporto stabile con i rappresentanti locali. Va detto che il governo giustifica i cambiamenti con ragioni tecniche (necessità di equilibrare il numero di elettori per seggio, creazione di nuove town o quartieri, ecc.) e sottolinea che l’EBRC non considera direttamente le preferenze di voto passate nei suoi criteri ufficiali. Resta il fatto che in assenza di un organismo super partes, ogni revisione dei confini elettorali a Singapore è guardata con sospetto dai partiti d’opposizione.
Procedura elettorale e modalità di voto
Le elezioni generali a Singapore si svolgono con procedure ordinate e snelle, ereditate dal modello britannico ma con alcune peculiarità locali. Quando il Presidente emette il Writ of Election (decreto di convocazione comizi), viene fissata la Nomination Day di lì a pochi giorni, in cui i candidati dei vari partiti (o indipendenti) presentano formalmente le proprie candidature. Se per un dato collegio viene presentato un solo candidato (per una SMC) o un solo team (per una GRC), quell’elezione si considera vinta senza voto, il cosiddetto walkover. Negli anni passati non era raro che il PAP vincesse diversi seggi per walkover a causa della mancanza di sfidanti in alcune circoscrizioni; tuttavia, dal 2015 in poi tutte le SMC e GRC sono state contese dall’opposizione, eliminando di fatto i seggi assegnati senza voto.
Qualora vi siano almeno due candidati/team in lizza, il Returning Officer (funzionario elettorale) dichiara l’elezione contested e fissa la data del voto (Polling Day) non prima di 10 giorni dalla Nomination Day. Di solito la campagna elettorale ufficiale dura appena 9 giorni, seguita da un Cooling-off Day (giorno di silenzio elettorale) alla vigilia del voto. Questa brevissima durata è stabilita per legge e sorprende gli osservatori occidentali abituati a campagne di mesi: a Singapore si privilegia una chiamata alle urne rapida per minimizzare le tensioni politiche. Nei giorni di campagna, ai candidati sono garantiti alcuni spazi mediatici (ad esempio party political broadcasts televisivi) ma vigono restrizioni severe sulla pubblicità politica (vietati spot TV, manifesti non autorizzati, ecc.). I comizi pubblici e le passeggiate porta a porta sono consentiti, così come l’uso dei social media, sebbene persista un forte controllo del discorso pubblico da parte delle autorità.
Il giorno delle elezioni è festivo a Singapore, per facilitare la partecipazione. Il voto avviene con scheda cartacea segreta: l’elettore si reca al seggio (di solito una scuola o centro comunitario nel proprio quartiere) e, dopo l’identificazione, riceve una scheda dove appone una “X” sul nome/simbolo del candidato o della lista che intende votare. Una curiosità è che ogni scheda è contrassegnata da un numero seriale univoco; ufficialmente ciò serve a prevenire brogli e ricostruire il voto in caso di contestazioni legali, ma solleva a volte timori sulla segretezza del voto. Le autorità assicurano che l’abbinamento tra numero di scheda e identità del votante rimane sigillato e viene distrutto dopo un periodo di custodia, e che nessuno viene mai perseguito per il modo in cui ha votato (il voto è segreto di diritto). I seggi sono aperti dalle 8 del mattino alle 20. Subito dopo inizia lo spoglio centralizzato: le urne vengono sigillate e trasportate nei centri di conteggio, dove funzionari e rappresentanti di lista assistono alle operazioni. I risultati per ogni collegio vengono annunciati in diretta TV nel corso della notte stessa.
Una caratteristica saliente è che a Singapore il voto è praticamente obbligatorio. Pur non esistendo sanzioni penali immediate per chi non vota, il nome di chi si astiene senza valida giustificazione viene cancellato dalle liste elettorali. Questo significa che un cittadino che non ha votato alle ultime elezioni non potrà votare in quelle successive finché non richiede formalmente la ri-iscrizione alle liste, pagando anche una multa amministrativa (50 $) se l’astensione precedente era ingiustificata. In sostanza, l’astensionismo è fortemente scoraggiato: l’elettore ha il dovere civico di partecipare, altrimenti perde il diritto di voto futuro. Grazie a questa norma, l’affluenza alle urne è altissima, spesso intorno al 95% degli aventi diritto, una percentuale oggi impensabile in Italia. Possono votare solo i cittadini singaporiani maggiorenni di almeno 21 anni (a differenza dell’età minima di 18 anni vigente in Italia). È previsto il voto per corrispondenza o presso le ambasciate per i cittadini residenti all’estero, anche se il numero di votanti esteri è limitato e il loro voto viene aggregato ai collegi locali di provenienza (non esistono seggi riservati all’estero come avviene invece per il Parlamento italiano).
Partiti politici e ruolo dell’opposizione
Dalla prima elezione autonoma del 1959 a oggi, il People’s Action Party (PAP), il partito di Lee Kuan Yew e successori, ha sempre mantenuto la maggioranza assoluta dei seggi ed esprime ininterrottamente il Primo Ministro. Si tratta di uno dei partiti al potere da più tempo in un regime formalmente democratico, secondo solo al Partito Colorado in Paraguay (al governo dal 1947). Il PAP è dunque l’asse portante del sistema politico singaporiano e gode di un consenso radicato, alimentato dai risultati socio-economici raggiunti dal Paese. Nelle elezioni, il PAP solitamente conquista circa 8-9 seggi su 10 in Parlamento, un risultato che a prima vista può sembrare sorprendente dato che il suo consenso popolare è attorno a 60-70%. Questo divario è spiegato dal meccanismo elettorale maggioritario: anche con percentuali di voto non plebiscitarie, il PAP raccoglie l’enorme premio di maggioranza implicito nel sistema dei collegi.
All’opposizione, storicamente, è rimasto solo uno spazio residuale. Per molti anni (dal 1966 fino ai primi anni ’80) il PAP occupò tutti i seggi parlamentari, complici anche i boicottaggi elettorali e le sconfitte dei partiti rivali. Il primo membro dell’opposizione fu eletto solo nel 1981 (in un’elezione suppletiva). Negli ultimi decenni la presenza di opposizione eletta è gradualmente salita da 1-2 deputati a fine anni ’80 a 10 deputati nel Parlamento dissolto nel 2020. Il principale partito di opposizione odierno è il Workers’ Party (WP), di orientamento socialdemocratico: attualmente detiene 10 seggi. Altre formazioni minori, come il Progress Singapore Party (PSP), il Singapore Democratic Party (SDP) e varie sigle minori, partecipano alle elezioni ma finora con scarsi successi in termini di seggi.
Va evidenziato che la competizione elettorale si svolge in condizioni asimmetriche. Il PAP dispone di ampie risorse finanziarie e organizzative, di un controllo indiretto sui mass media principali e di un forte radicamento territoriale tramite le grassroots organisations. I partiti di opposizione, al contrario, faticano a raccogliere fondi e attirare candidati, e spesso ottengono visibilità solo durante la breve finestra di campagna elettorale. Esiste inoltre un clima psicologico particolare: molti elettori associano il PAP alla stabilità e al benessere, e temono che votare l’opposizione possa mettere a rischio questi risultati. Questa cautela diffusa (talora definita fear factor) ha a lungo frenato il voto di protesta. Non va tuttavia dimenticato che Singapore, pur con restrizioni, è una democrazia parlamentare competitiva: i partiti oppositori possono fare campagna (nei limiti di legge), hanno rappresentanza istituzionale (il leader del WP è stato nominato ufficialmente Leader of the Opposition per la prima volta nel 2020) e godono di un seguito non trascurabile in alcune aree urbane. Il Parlamento discute apertamente mozioni e interrogazioni, e la presenza degli NCMP e NMP garantisce una certa pluralità di voci anche nelle legislature quasi monopolizzate dal PAP.
La combinazione di sistema maggioritario, GRC e frequenti ridefinizioni dei collegi fa sì che il PAP, pur non ricorrendo a brogli espliciti, risulti strutturalmente avvantaggiato. Studi politologici hanno evidenziato che l’assetto delle multimember districts (le GRC a voto di lista maggioritario) “amplifica in modo sproporzionato la quota di seggi in mano al PAP”, distorcendo il rapporto tra voti ottenuti e seggi conquistati. In altre parole, finché il PAP rimane il partito più votato a livello nazionale, il sistema elettorale singaporiano rende molto difficile per l’opposizione ottenere più di una manciata di seggi “di consolazione”. Questo spiega perché, nonostante alcuni cali di consenso del PAP in anni recenti, la Camera continui ad essere dominata quasi interamente da un unico colore politico.
Un cenno va fatto anche alle candidature indipendenti. Anche se nulla vieta a un singolo cittadino di presentarsi come indipendente in un collegio, ciò avviene raramente e con successo nullo. Nelle ultime elezioni al massimo uno o due indipendenti si sono candidati, di solito in qualche SMC, raccogliendo percentuali minime (inferiori all’1%) e perdendo la cauzione elettorale. Dal 1965 a oggi nessun candidato indipendente ha mai vinto un’elezione parlamentare a Singapore. L’unico caso di eletto non appartenente a un partito è quello degli NMP nominati, che però, come detto, non sono espressione del voto popolare.
Le elezioni generali del 2020: risultati e scenari
Le GE2020 sono un esempio illuminante di come opera il sistema elettorale singaporiano. Si sono tenute il 10 luglio 2020, in piena pandemia da COVID-19 (con misure speciali di sicurezza ai seggi), e hanno visto per la prima volta tutte le 93 seggi contendibili, nessun collegio è rimasto con candidato unico. Il PAP, guidato dall’allora Primo Ministro Lee Hsien Loong, ha ottenuto il 61,2% dei voti a livello nazionale e si è aggiudicato 83 seggi su 93. Il principale sfidante, il Workers’ Party di Pritam Singh, con l’11,2% dei voti ha conquistato 10 seggi. Gli 83 seggi del PAP rappresentano circa l’89% del totale, una quota ancor più ampia della sua percentuale di voto, a conferma dell’effetto maggioritario del sistema. Al contrario, tutti gli altri partiti, pur cumulando collettivamente oltre il 27% dei voti, non hanno ottenuto alcun seggio. Ad esempio, il nuovo Progress Singapore Party (PSP), fondato dall’ex esponente PAP Tan Cheng Bock, raccolse il 10,2% dei consensi nazionali ma i suoi candidati risultarono secondi in tutti i collegi che disputarono, restando quindi fuori dal Parlamento.
Mappa dei risultati delle elezioni parlamentari 2020 per collegio: in blu le circoscrizioni (SMC/GRC) vinte dal PAP, in rosso quelle vinte dal WP. Nel grafico a torta in basso, la ripartizione del voto popolare (PAP 61,2%, WP 11,2%, PSP 10,2%, altri partiti minori le restanti quote) e, a destra, la composizione dell’aula parlamentare (PAP 83 seggi, WP 10 seggi).

L’affluenza alle urne nel 2020 è stata del 95,8% degli aventi diritto, in linea con le medie storiche di Singapore (come visto, il voto è di fatto obbligatorio). Il risultato è stato interpretato come un segnale ambiguo: da un lato il PAP ha mantenuto la maggioranza schiacciante (15ª vittoria consecutiva dal 1959), dall’altro ha registrato uno dei peggiori punteggi in termini percentuali di voto popolare (61%, quasi 9 punti in meno rispetto al 2015) e ha perso seggi simbolicamente importanti. L’opposizione WP, oltre a confermare la GRC di Aljunied e la SMC di Hougang, è riuscita a prevalere nella nuova GRC di Sengkang. Per effetto della legge sugli NCMP, al PSP, in quanto miglior perdente, sono stati assegnati 2 seggi NCMP, portando a 12 il numero totale di parlamentari d’opposizione (10 eletti WP + 2 NCMP PSP). Questo ha garantito la presenza dell’opposizione in Parlamento al livello “massimo” previsto dalle regole attuali.
Le GE2020 hanno mostrato quindi un panorama politico un po’ più pluralistico, con il WP promosso a Leader dell’Opposizione ufficiale e un dibattito pubblico acceso su temi come il costo della vita e l’immigrazione. Ciononostante, il PAP ha conservato un margine di governo sicuro. Il test successivo è imminente: le prossime elezioni generali devono tenersi entro il 2025 (sono state annunciate per il 3 maggio 2025), con un Parlamento ampliato a 97 seggi e la nuova leadership del PAP sotto il PM Lawrence Wong. Sarà interessante vedere se l’opposizione saprà incrementare la propria presenza erodendo ulteriormente il dominio del PAP, oppure se il sistema elettorale continuerà a consegnare al partito di governo una maggioranza pressoché totalitaria anche di fronte a variazioni nei consensi.
Confronto con il sistema elettorale italiano
Dal punto di vista di un lettore italiano, il modello elettorale singaporiano presenta differenze marcate rispetto a quello italiano, pur trattandosi in entrambi i casi di sistemi parlamentari. Ecco alcuni paragoni chiave:
- Legge elettorale: L’Italia adotta attualmente un sistema misto proporzionale-maggioritario (il Rosatellum), dove circa 1/3 dei seggi sono assegnati in collegi uninominali maggioritari e 2/3 con metodo proporzionale su liste bloccate. A Singapore invece vige un maggioritario puro: tutti i seggi sono assegnati in collegi uninominali o plurinominali a turno unico, senza recupero proporzionale. Questo spiega perché in Italia anche le minoranze ottengono una rappresentanza parlamentare più vicina alla percentuale di voti (nessun partito oggi supera il 60% dei seggi), mentre a Singapore il partito di maggioranza relativa prende quasi tutti i seggi. Ad esempio, alle Politiche italiane del 2022 la coalizione vincente (Centrodestra) con circa il 44% dei voti ha ottenuto il 59% dei seggi alla Camera, una distorsione minore rispetto al caso singaporiano dove il 61% dei voti ha fruttato al PAP l’89% dei seggi.
- Circoscrizioni plurinominali: In Italia i collegi plurinominali assegnano seggi con criterio proporzionale (lista bloccata, quoziente e resti), mentre a Singapore le GRC plurinominali assegnano tutti i seggi al partito di maggioranza relativa nel collegio. Non esiste in Italia un equivalente delle GRC: la tutela delle minoranze etniche avviene semmai tramite circoscrizioni speciali (ad es. la Valle d’Aosta ha un seggio uninominale garantito, il Trentino-Alto Adige ha collegi uninominali tutelati per il gruppo linguistico tedesco, etc.) oppure attraverso esenzioni da soglie di sbarramento per partiti espressione di minoranze linguistiche. Singapore ha scelto una via diversa imponendo quote etniche nelle liste delle GRC.
- Struttura parlamentare e governo: Il Parlamento italiano è bicamerale (Camera e Senato, quest’ultimo eletto su base regionale), quello singaporiano monocamerale. In entrambi i paesi il governo nasce dalla maggioranza parlamentare, ma in Italia è frequente che nessun partito singolo abbia da solo la maggioranza, portando a governi di coalizione tra partiti. A Singapore il PAP governa da solo con maggioranze parlamentari amplissime; l’idea di una coalizione multipartitica non è mai stata sperimentata.
- Autorità elettorali e collegi: In Italia i collegi elettorali e la legge elettorale sono fissati per legge parlamentare e le eventuali modifiche passano per dibattiti parlamentari e referendum. A Singapore la delimitazione dei collegi è delegata all’esecutivo tramite l’EBRC, senza intervento diretto del Parlamento o consultazione popolare. Questo solleva il tema dell’imparzialità: l’Italia non ha il problema del gerrymandering in quanto il sistema proporzionale attenua molto l’effetto dei confini collegiali, mentre a Singapore il disegno dei collegi può influire sull’esito e non esiste un organismo indipendente a garantirne la neutralità.
- Partecipazione al voto: Singapore applica di fatto il voto obbligatorio, con affluenze attorno al 90-95%. In Italia il voto è un diritto-dovere civico ma non obbligatorio, e l’affluenza è in calo da anni (alle Politiche 2022 ha votato solo il 64% circa degli aventi diritto, minimo storico). Ciò significa che il Parlamento italiano può non rispecchiare l’intero corpo elettorale (un terzo degli elettori non esprime voto), mentre a Singapore l’altissima partecipazione riduce questo divario.
- Età degli elettori: In Italia si vota dai 18 anni (per la Camera; dai 18 anche per il Senato dopo la riforma del 2021), mentre a Singapore l’età minima è 21 anni. Questo differenziale fa sì che una fascia di giovani adulti (18-20) che in Italia partecipa al voto, a Singapore non ha voce elettorale.
- Opposizione e alternanza: L’Italia, pur con tutti i suoi problemi di governabilità, ha sperimentato più volte l’alternanza di governo fra schieramenti politici diversi (dal centro-sinistra al centro-destra, governi tecnici, ecc.). A Singapore l’alternanza non si è mai verificata: il PAP è sempre rimasto al potere e l’opposizione non ha mai governato. Questo dipende in parte dal contesto storico e politico (il PAP è stato il partito dell’indipendenza e ha costruito il Paese moderno), ma anche dal sistema elettorale che, come visto, rende arduo per l’opposizione scalzare la maggioranza. Un paragone potrebbe farsi con il Giappone dei decenni post-bellici: anche lì il Partito Liberal-Democratico governò quasi ininterrottamente, aiutato da una legge elettorale maggioritaria; ma almeno in Giappone nel 1993 e nel 2009 vi furono cambi di governo. Singapore finora è più vicino al modello “partito dominante” senza alternanza.
In sintesi, il sistema elettorale di Singapore si distingue per la sua combinazione di stabilità e controllo politico (garantiti da regole che premiano il vincitore e da un partito dominante molto organizzato) e di soluzioni originali come le GRC e gli NCMP, pensate per bilanciare esigenze di rappresentanza (delle minoranze etniche e di una minima opposizione) senza rinunciare al meccanismo maggioritario. Per un italiano, abituato a schede con lunghe liste di partiti e a governi di coalizione spesso fragili, l’esperienza di voto a Singapore può apparire insolita: sulla scheda c’è in pratica un candidato o team per ogni partito principale, niente preferenze né quote proporzionali, e il risultato produce generalmente un vincitore chiarissimo. D’altro canto, anche in Italia abbiamo sperimentato sistemi maggioritari (il “Mattarellum” negli anni ’90) e conosciamo il dibattito sulle riforme elettorali per combinare rappresentatività e governabilità. Singapore rappresenta un caso estremo di preferenza per la governabilità, ottenuta però al prezzo di una competizione politica fortemente squilibrata a favore del partito al potere. Questa caratteristica rende il suo sistema elettorale un interessante oggetto di studio comparato, evidenziando come le regole del gioco democratico possano influenzare profondamente, e talvolta “amplificare”, la volontà popolare espressa dalle urne.
Fonti: Commissione Elettorale di Singapore (ELD)eld.gov.sgeld.gov.sg; Singapore Infopedia (NLB)nlb.gov.sg; Reutersreuters.comreuters.com; Elezioni Singapore 2020 (Wikipedia)en.wikipedia.orgit.wikipedia.org; CAPE Singaporecapesingapore.com; Netina Tan, Electoral Rules and Manufacturing Supermajoritysites.socsci.uci.edu.